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Qual è l'impatto dell'UX Design nel B2B?

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L’UX Design (User Experience Design, in italiano Design dell’Esperienza Utente) è una disciplina di progettazione fondamentale tanto nel panorama B2C quanto in quello B2B.

Consumatori o decision maker aziendali, tutti siamo utenti. E, come tali, abbiamo bisogno di navigare su interfacce digitali che soddisfino le nostre abitudini, le nostre aspettative e soprattutto le nostre esigenze.

L’UX Design serve proprio a costruire esperienze di navigazione e di utilizzo positive nei diversi ambienti digitali, siano essi software, siti, piattaforme o app. L’obiettivo è progettare interfacce funzionali e user centric, accessibili e facili da usare.

Questo è ancora più importante nel B2B, settore in cui la user experience risulta più complicata e articolata a causa dei processi decisionali più lunghi, della complessità delle relazioni commerciali e della specificità dei servizi e dei prodotti B2B.

Semplificare questa complessità è una delle chiavi che la tua azienda può sfruttare per migliorare il rapporto con la clientela (potenziale o acquisita) e ottimizzare gli sforzi di business. Vediamo come.

La storia e l'evoluzione dell'UX Design nel B2B

Contrariamente a quel che si potrebbe credere, l’UX Design non nasce in tempi recenti. E, soprattutto, non nasce in ambito digitale.

Il primo studio per valutare l’esperienza di un essere umano con le macchine risale agli anni '40, quando Toyota decise di progettare le sue fabbriche a misura d’uomo.

La consapevolezza della necessità di un approccio human centered nella progettazione di prodotti arrivò solo successivamente, prima con il designer Henry Dreyfuss, che negli anni ‘60 trattò per la prima volta il tema dell’usabilità, ponendo l’accento sul piacere di usare un prodotto, e poi con Donald Norman, che negli anni ‘80 parlò esplicitamente di “design centrato sull’utente” nel suo “The Design of daily things”.

Norman, insieme al socio Jakob Nielsen, fu il primo a spostare l’attenzione dalla semplice interazione tra utente e prodotto all’esperienza, intesa come l’insieme di tutti quegli aspetti emozionali, psicologici e fisici che si verificano nell’interazione con un prodotto, prima, durante e dopo.

Quelli erano gli anni dei primi personal computer e dell’interconnessione di rete. Ben presto, fu chiaro che quegli insegnamenti dovessero essere applicati non solo ai prodotti di consumo, ma anche al mondo delle interfacce digitali

Il primo a definire i principi della UX nel web degli albori fu Jesse James Garrett. Nel suo libro "The Elements of User-Experience" spiegò come strutturare un’esperienza d’uso positiva di un sito web a partire dall’analisi degli obiettivi, delle esigenze e delle aspettative degli utenti in target; analisi che diventa il primo step per organizzare l’architettura delle informazioni e progettare la navigazione, l’aspetto visuale e le funzioni di un sito web.

Poco dopo, Steve Krug aggiunge un altro elemento: è il concetto del “Don't Make Me Think”, la legge fondamentale dell’usabilità di siti web e software, secondo cui un’interfaccia funziona solo se è autoesplicativa, intuitiva e porta l’utente a completare un’azione nel modo più semplice, diretto e veloce possibile. Senza costringerlo a pensare, appunto.

Tutte queste direttive sono valide ancora oggi, nonostante i notevoli cambiamenti che il mondo digitale ha vissuto dall’inizio degli anni 2000. E non solo per il mondo B2C, perché gli stessi principi si applicano al B2B

Indipendentemente dall’ambito, tutti gli utenti si aspettano di avere a che fare con un'architettura delle informazioni chiara, un'interazione semplice e una buona usabilità quando si tratta di ambienti digitali.

Dall’altra parte, le esigenze degli utenti B2B richiedono all’UX Design un approccio leggermente diverso.

Pensiamo solo al concetto del “Don’t Make Me Think”: questo si applica benissimo a un’esperienza utente tendenzialmente impulsiva come ad esempio l’acquisto online di un utente consumer. Ma l’esperienza di acquisto degli utenti business non è affatto istintiva, anzi: è quasi sempre il risultato di un processo decisionale lungo e complesso, che attraversa più touchpoint e che richiede tempo tra ricerca, comprensione, valutazione delle alternative, comparazione delle diverse soluzioni, etc...

L’UX Design nel B2B deve mirare a fornire tutti gli strumenti in grado di garantire il giusto livello di approfondimento in ogni fase del percorso utente, cercando allo stesso tempo di contenere la complessità e favorire un’esperienza “snella” e piacevole.

Anche dal punto di vista dell’analisi del target e delle necessità dei propri utenti, l’UX nel B2B richiede qualche sforzo in più rispetto al B2C. 

Nel B2B i processi di acquisto possono coinvolgere più persone a diversi livelli della gerarchia aziendale e con professionalità diverse. 

Esempio: l’utente che per primo si imbatte in una soluzione proposta da un’azienda sul proprio sito internet non combacia per forza con il decision maker aziendale o il responsabile dell’ufficio acquisti. 

Questo è un dato di cui tenere conto, perché spesso i siti B2B sono studiati nell’ottica di soddisfare il decisore finale più che l’utente in avanscoperta — utente che spesso coincide con l’effettivo utilizzatore di un determinato servizio o prodotto e per questo si attiva nella ricerca di una soluzione alternativa da sottoporre in seguito alla propria azienda.

La faccenda si complica se pensiamo che le aziende non sono tutte uguali

Potenzialmente, le aziende in target di un prodotto o servizio B2B possono essere sia startup sia PMI sia grandi imprese. Ne deriva che l’esperienza utente deve essere progettata su misura dei diversi segmenti di clientela.

La soluzione consiste nel costruire l'architettura informativa e il percorso di navigazione del sito per soddisfare le esigenze di ogni pubblico target, aiutando gli utenti a individuare la soluzione che meglio soddisfa le loro esigenze.

I principali elementi dell'UX Design nel B2B

Ricordi cosa diceva Jesse James Garrett? Per progettare una buona UX bisogna partire dall’analisi delle esigenze degli utenti.

Questa ha inizio necessariamente con una raccolta dati… Ma quali dati?

Ricerca degli utenti

Il primo step dello studio dell’UX inizia con la ricerca utente, lo studio sistematico degli utenti per ricavare dati sui loro comportamenti, esigenze e motivazioni.

I dati possono essere sia quantitativi, basati sui fattori demografici e socio-economici (anche questi aspetti incidono sull’esperienza d’uso di un prodotto o servizio), sia qualitativi, e quindi rivelare qualcosa di più su abitudini, aspettative e limiti degli utenti, utili per capire come mai le persone agiscono in un determinato modo.

Questi dati possono essere raccolti attraverso osservazioni, analisi e richiesta di feedback agli utenti. I più utilizzati sono infatti interviste, sondaggi e focus group

Successivamente, i dati raccolti sono analizzati attraverso altri strumenti (come journey map e stakeholder map) che aiutano a ordinare i dati raccolti nell’analisi per poi essere utilizzati in fase progettuale.

Una volta analizzati, i dati relativi a bisogni, comportamenti e aspettative guidano il processo di UX Design nel B2B e portano alla progettazione di ambienti digitali realmente basati sulla soddisfazione delle necessità dell’audience di riferimento.

Progettazione e prototipazione

La progettazione di un’interfaccia digitale prosegue attraverso diversi step.

Il primo è la creazione del wireframe, che consiste in una prima bozza dell’interfaccia. Si tratta di una rappresentazione grafica che fornisce un'idea di massima sull'organizzazione delle informazioni e sugli elementi basilari che compongono l’interfaccia, incluso il loro comportamento. L’aspetto grafico è lasciato in secondo piano.

Una volta validato il wireframe, si passa al mockup, un vero e proprio modello che mostra come sarà effettivamente l’aspetto finale dell’interfaccia, soprattutto dal punto di vista grafico e dello stile. 

Infine si sviluppa il prototipo, che non è altro che l'interfaccia funzionante. Non siamo più di fronte a una rappresentazione, ma a un modello navigabile con elementi cliccabili e link, che può essere finalmente testato dagli utenti per verificare che l’esperienza d’uso sia effettivamente coerente con le loro necessità e aspettative.

Per farlo, si ricorre al cosiddetto test di usabilità (usability test), un esame che aiuta a verificare che i parametri di usabilità siano soddisfatti e a individuare eventuali frizioni o difficoltà che l’utente incontra nella sua esperienza con il prodotto digitale. Lo scopo è correggere il tiro e migliorare l’UX finale.

I test di usabilità consistono spesso nella registrazione della sessione, ovvero nell’osservare l’attività e le interazioni dell’utente mentre interagisce con l’applicazione. 

Molto comuni sono anche le heat map, le mappe di calore che offrono rappresentazioni grafiche del livello di interazione e coinvolgimento dell’utente in una scala dal blu (basso coinvolgimento) al rosso (alto coinvolgimento). 

Alcuni di questi test possono essere svolti attraverso l’eye tracking (tracciamento oculare), il click tracking (tracciamento automatico dei clic), lo scrolling (monitoraggio dello scorrimento) e il mouse tracking (movimenti del mouse).

Infine si può ricorrere agli A/B Test, un confronto tra diverse versioni della stessa interfaccia per valutare la più efficace.

L’uso di questi test può essere effettuato continuamente, anche dopo che il prototipo diventa un prodotto o un servizio effettivo.

Il bello dell’UX Design è che permette di migliorare continuamente l’interfaccia digitale, aggiornando e adattandolo costantemente alle necessità degli utenti, evolvendosi nella migliore versione di se stesso.

Benefici dell'UX Design nel B2B

Curare la UX porta a tantissimi vantaggi per un’azienda B2B.

Prendiamo il caso di un sito web B2B: se ben progettato dal punto di vista dell’UX, il sito può diventare uno strumento potentissimo per attrarre nuovi clienti proprio grazie a un’esperienza di utilizzo facilitata, veloce e piacevole. 

Non dobbiamo poi dimenticare che la stessa Google considera l’UX un fattore di posizionamento SEO. Del resto, lo scopo dei motori di ricerca è proprio quello di offrire risposte in modo semplice, veloce e soddisfacente.

Più l'esperienza di navigazione è studiata per essere rapida e intuitiva, più gli utenti saranno soddisfatti. E questo porta a diversi benefici per l’azienda, come aumentare le conversioni e persino favorire la retention di un cliente.

Aumento della soddisfazione del cliente

Il 67% degli utenti afferma che il motivo principale di abbandono di un servizio o un prodotto digitale è un’esperienza spiacevole e lacunosa che non soddisfa le proprie necessità.

Un’interfaccia, infatti, funziona davvero bene solo se riesce a fornire agli utenti la migliore risposta alle loro domande nel modo più rapido, pertinente e “appagante”. 

In un sito progettato secondo le regole dell’UX nel B2B, ad esempio, la gerarchia delle pagine, i link, il percorso di navigazione, i contenuti forniti, le informazioni dettagliate su prodotti e servizi (e persino la velocità di caricamento) permetteranno all’utente di soddisfare il suo bisogno di ricerca di informazioni

In questo senso, l’UX design rientra a pieno titolo tra le buone pratiche di inbound marketing in campo B2B.

Non esageriamo nel dire che una buona UX, studiata per essere percepita come semplice, intuitiva e personalizzata dall’utente, può di fatto sovrapporsi al lavoro di un commerciale, migliorando ad esempio le attività di scouting di nuovi potenziali clienti.

Non solo: tanto più sarà personalizzata e tarata sull’utente, tanto più questa esperienza darà rilievo all’offerta aziendale agli occhi dell’utente. Questo lo spingerà a compiere un’azione e a giungere al passo successivo del suo customer journey, ad esempio completare una conversione.

L’UX non è determinante solo nella fase di acquisizione di nuovi clienti, ma soddisfa altre peculiarità tipiche del B2B, come ad esempio il supporto clienti e la gestione degli ordini.

Ridurre al minimo i passaggi per contattare l’assistenza e offrire risposte chiare e puntuali, anche attraverso l’uso di chatbot o guide how to, consente all’azienda di offrire risposte tempestive e pertinenti che contribuiscono a rendere l’esperienza dell’utente positiva.

Anche includere automazioni per semplificare la gestione degli ordini dei clienti già acquisiti, ad esempio attraverso notifiche o sistemi di fatturazione periodica, porta il cliente a “non pensare troppo” e a valutare positivamente la sua esperienza con un’azienda B2B che si dimostra vicina e attenta ai suoi bisogni.

Tutto questo ha ricadute significative sulla capacità aziendale di attrarre nuovi clienti e di trattenere quelli già acquisiti, diminuendo notevolmente gli sforzi in ambito marketing e sales. 

Miglioramento dell'efficienza operativa

L’UX può essere applicato non solo al sito web aziendale, ma a tutti gli strumenti e gli applicativi digitali che un’azienda B2B utilizza per dialogare con i clienti, gli stakeholder e i propri collaboratori (persino con i propri dipendenti). 

Non a caso, l’UX è sempre più utilizzata in ambito B2B per delineare processi più agili di collaborazione e di comunicazione

Tutto ciò vale tanto per le attività di marketing e sales quanto per la gestione del flusso di lavoro quotidiano dell’azienda B2B. 

Questo è ancora più importante se consideriamo che, per sua stessa natura, il successo di un’azienda B2B si basa sulla sua capacità di costruire una solida partnership con il proprio cliente e con i propri stakeholder.

KPI per misurare l'impatto dell'UX Design

Tutti questi discorsi hanno senso solo se corroborati da dati. La domanda sorge quindi spontanea: come si misura la buona riuscita di una progettazione UX

Tassi di conversione e abbandono

Due ottimi KPI, che potremmo definire quasi opposti tra loro, sono il tasso di conversione e il tasso di abbandono

Si parla spesso di conversion rate riferendosi alle vendite: in realtà, la conversione può riferirsi a qualsiasi azione portata a termine in relazione a uno specifico obiettivo. 

Una conversione può essere il rilascio di un contatto tramite un form, il download di un contenuto, il completamento di un flusso di lavoro in un applicativo digitale. Insomma, il tasso di conversione misura il raggiungimento di un traguardo prestabilito da parte dell’utente, traguardo che sarà sicuramente influenzato dall’UX… anche se non in via del tutto esclusiva.

Il problema del tasso di conversione è che si tratta di un dato quantitativo che non è esclusivamente riconducibile all’UX, perché ci sono altri fattori che possono incidere sul completamente di un’azione da parte dell’utente. Tuttavia, rappresenta comunque un tassello per capire se l’esperienza che abbiamo progettato funziona oppure no.

Il tasso di abbandono (churn rate) misura invece il numero di utenti che ha abbandonato l’utilizzo di un prodotto o un servizio digitale. Anche in questo caso, il KPI non offre un’indicazione diretta dell’efficacia della UX, ma offre un indizio ulteriore per capire che qualcosa non sta andando come ti aspettavi.

Per ottenere una risposta più esaustiva circa il perché gli utenti compiono o non compiono un’azione, è possibile utilizzare strumenti di tracking per analizzare il comportamento degli utenti sull’interfaccia e capire che cosa non ha funzionato dal punto di vista della UX.

Time on task

Abbiamo parlato di attività portate a termine e misurate con il conversion rate. Ma c’è un altro KPI utile da monitorare quando si parla di completamento di un’azione.

Si tratta del Time on Task, una metrica che misura la quantità di tempo che un utente impiega per completare una specifica attività.

Ovviamente, più basso è il tempo, migliore è l’UX progettata. 

Questo KPI può essere misurato in modo diverso, ad esempio per valutare il completamento di un task al 100% oppure per misurare quanto tempo impiega un utente a portare a termine un’azione in modo errato.

Retention e fidelizzazione

Se un utente si trova bene con un prodotto, con tutta probabilità continuerà a utilizzarlo. Ecco allora che misurare la retention può diventare un indicatore utile che l’UX progettata per la nostra interfaccia funziona

In particolare, il KPI di cui tenere conto è il tasso di fidelizzazione, la percentuale di utenti che continuano a utilizzare un prodotto nel tempo. Pensiamo ad esempio a un blog aziendale, visitato più e più volte, o a una funzionalità di una piattaforma, utilizzata in modo reiterato dagli utenti perché utile e soddisfacente. 

Questo dato, unito alla metrica del tempo medio di utilizzo, rivela molto sul livello di soddisfazione degli utenti e sul buon lavoro svolto dal punto di vista dell’UX Design.

Il futuro dell'UX Design nel B2B - Innovazioni tecnologiche e nuovi trend

Dagli anni 2000 a oggi l’UX Design ha affrontato tantissime sfide.

Pensiamo solo alla comparsa degli smartphone e, in tempi più recenti, all’avvento dell’Internet of Things, della Realtà Virtuale e ora dell’AI

Mentre le tecnologie diventano più sofisticate e complesse, le interfacce utente devono continuare a garantire un’esperienza semplice, intuitiva, costruita attorno ai bisogni e alle abitudini delle persone. Le abitudini, però, cambiano velocemente, influenzate proprio dalle nuove modalità di esperienza favorite dalle innovazioni tecnologiche, richiedendo un continuo ripensamento delle proprie interfacce.

La vera sfida dell’UX si giocherà sull’integrazione di AI e Realtà Virtuale, ad esempio sfruttando queste tecnologie per offrire esperienze personalizzate per ogni utente, toccando anche gli aspetti della vita reale, e non solo il vissuto digitale, in un’ottica sempre più ibrida e “phygital”.

Secondo un report di Twilio Segment, il 69% degli utenti desidera un'esperienza cliente personalizzata e coerente su più canali, sia fisici sia digitali. Adobe ha invece dichiarato che il 54% delle persone desidera vedere contenuti personalizzati in base ai propri interessi.

Le aziende B2B devono quindi evolvere le loro piattaforme digitali in queste direzioni, anche perché ormai gli utenti professionali hanno aspettative alte e si aspettano servizi e prodotti B2B con la stessa qualità di esperienza del mondo consumer, che non a caso sta già mettendo in pratica queste best practice. 

L'Importanza dell'UX Design per il Successo nel B2B

Riassumendo, l’UX Design nel B2B è utile a delineare un’esperienza utente soddisfacente e positiva, che si realizza attraverso prodotti e servizi digitali facili da usare, piacevoli da navigare, appaganti per il target — e quindi più efficaci per raggiungere gli obiettivi di business aziendali. 

Le esperienze di valore sono infatti le uniche capaci di attirare e fidelizzare i clienti, e l’UX è uno strumento determinante per costruire quelle esperienze.

Partendo dall’analisi dei bisogni degli utenti, l’UX Design consente di progettare e implementare soluzioni digitali che, una volta testate, possono essere messe a disposizione degli utenti per risolvere dei problemi reali e far sì che quegli utenti si affidino sempre di più ai prodotti e ai servizi della tua azienda.

Ecco perché, oggi, la tua azienda B2B non può pensare di fare a meno dell’UX Design.

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